mercoledì 30 aprile 2014

CAPAREZZA - MUSEICA - RECENSIONE




Con cosa lo confrontiamo? Con Il Sogno Eretico? Con quelli prima? Con gli altri "rapper"?

Caparezza è sempre uguale a se stesso e sempre diverso.
Scrive un album sull'arte, una roba folle, che mette alla prova la sua abilità nei giochi di parole come non era mai successo.
Ci riesce, come al solito.
Tante espressioni non sono proprio freschissime e si sente che hanno già qualche giorno fuori dal frigo, ma il rischio di essere banale non tocca mai il Capa: il suo è uno stile ben definito, curato e squisitamente impregnato di autoironia pop.

Quando sembra che l'album vada cacciato giù dal water etichettandolo come una sbrodolata dell'orecchiabilissimo album precedente, ci si rende conto che le canzoni sono sì meno immediate, ma perchè ci ha viziato per anni con ritornelli facili.

L'arrangiamento è riuscito comunque. Fidatevi.

E' cattivo, old school, veloce, punk rock; attinge alla meravigliosa, gloriosa orrente del crossover, dell'hardcore (no, non quello di Salmo) e si stente benissimo in pezzi come "Mica Van Gogh" e "Giotto Beat".

Ora ricapitoliamo: Un album sull'arte, di Caparezza, con i testi del miglior rapper d'Italia, con il flow migliore d'Italia, con un senso complessivo dell'album che va oltre il "figa boh" e il "sono meglio di te, stronzo".

Se siete di quelli che citano Club Dogo
e similia su Facebook...
beh, siete gli squisiti protagonisti della traccia n°3. (nascondetevi)


E' un ottimo album in generale; meno orecchiabile, con meno singoli perfetti, sperimentativo e retrospettivo.
Ma, soprattutto, è un ottimo album hip hop.

Fossi voi non mi lamenterei, perchè Caparezza è cioccolato in mezzo alla merda.


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